"La strada l'hanno fatta le donne, con i passi. Sono state le loro gambe per prime - difficile indicare esattamente quando - a piegare il falasco, le ortiche, le felci, il muschio e i fiori pazzi... Così, nell'andirivieni è affiorato un percorso sbilenco dove sono i sassi a farla da padrone: pietre sporgenti, spuntoni di rocce che servono a improvvisare dei gradini per arrampicarsi meglio."
“Così il passo di imperatrici delle ragazze di Bagnara perché portano l’orcio e vanno scalze. E dai gesti e da ciò che si porta nascono tante altre cose.”
Queste parole scriveva Cristina Campo il 12 giugno 1958 alla sua amica Mita. L’immagine della fierezza delle bagnarote calabresi si è depositata nel mio io per un tempo inquantificabile ed è riemerso alla vista della bellissima copertina del libro di Maria Rosaria Valentini dal titolo “Eppure osarono”, pubblicato da Francesco Brioschi Editore. Il dipinto di Ernest Hébert, realizzato nel 1855, Les filles d’Alvito (Le ragazze di Alvito), che troneggia sulla copertina, è stato il detonatore che ha innescato il fluire del racconto viscerale e lirico della Valentini, di cui ho letto e amato le sue precedenti opere.
Les filles d'alvito di Ernest Hébert |
È una storia di iniziazioni, di partenze, di nascite e rinascite.
Lucietta e Lia, oltrepassano la soglia che separa l’infanzia dall’adolescenza, diventano donne, diventano grandi, attraverso il battesimo dell’acqua: risalire il monte per raggiungere la fonte che esplode in mezzo alla roccia, dove l’acqua aspetta per essere portata giù in paese, camminando sui sassi, dapprima con dei calzari, e poi scegliendo di farlo a piedi nudi, come a ribadire il legame ancestrale con la terra, con la natura. Un rito da ripetere sette giorni su sette, infilati l’uno nell’altro. Indossare la camiciola, la sottana, l’ampia gonna verde, la fascia di velluto, sul capo un telo bianco come protezione da pioggia e sole, e infine la ciambella di stracci su cui posare l’anfora di terracotta, la cannata. Un equilibrio da cercare, un’armonia da mantenere. Il luogo stesso, immerso nella Valle del Comino, sul finire dell’Ottocento, diventa un’entità senziente: la montagna parla, i fiumi ascoltano, le foglie diventano mani, il buio succhia le malinconie, l’erba e i fiori diventano scudo per proteggere i sogni.
"Si lamenta il sogno Vuole la sua strada Stretta, storta, scucita Ma che pure somigli alla vita." |
Lucietta e Lia, insieme a Severino, cominciano a precipitare in sogni più grandi, sogni di riscatto, sogni che li vedono altrove, che spintonano verso un addio, verso un futuro disegnato. Il coraggio che li spinge a partire, a fuggire di soppiatto nella notte che osserva, è un coraggio che continua a camminare accanto ai tre fuggitivi, fin dentro le pieghe di un azzardo. Un patto comune, un giuramento li unisce in quel salto perché sono convinti che insieme possono affrontare l’enigma che si cela oltre la fuga. Oltre il salto Roma, forse Parigi. Oltre lo sguardo i gesti fluidi e veloci di pittori desiderosi di imprigionare sulle loro tele le giovani ciociare, con i loro abiti e le loro movenze. Ma il tempo, si sa, sfilaccia i desideri, ne fa perdere i contorni netti trasformandoli in altra materia. Quello che deve restare è pur sempre il coraggio, per costruire ancora altre strade, altre svolte, altri sogni, a partire da sé, soltanto da sé.
"Andare con la voglia di andare. In tasca le proprie responsabilità riconoscendosi protagonisti e non vittime." |
Con una scrittura cristallina come l’acqua che sgorga dalla fonte, lirica come la poesia dei sogni che spingono verso un domani migliore, Maria Rosaria Valentini avvolge nelle speranze e nei gesti di tre giovani ragazzi le speranze e i desideri di tutti. La lettura di queste pagine di superba bellezza sono un attraversamento delle proprie paure fino all’individuazione di quel coraggio, a volte addormentato, talvolta pigro, necessario per scegliere, per ammettere che il riconoscimento dell’immenso valore delle proprie radici è un punto di partenza fondamentale per andare verso il futuro, che spesso è essenziale preparare “una piccola scatola dove imprigionare un’idea di casa col suo profumo” da portare con sé nei numerosi viaggi della vita, che certe volte è un peccato ripararsi nei giorni di pioggia, perché l’acqua ha il compito di cucire il cielo alla terra ed è meglio accoglierla piuttosto che evitarla.
"Una tana calva. Lì cercare una piega della propria pelle e inventarsi una scorza." |
Eppure osarono di Maria Rosaria Valentini: una lettura necessaaria.
Da oggi in libreria!